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MARIO VIELMO SCALA IL DECIMO OTTOMILA METRI


L’ultima intervista che Mario Vielmo ha rilasciato al nostro mensile AREA3 è stata quella relativa alla spedizione dello scorso anno sotto le pareti del Lothse durante il terremoto che ha sconvolto il Nepal. Una testimonianza tra le più drammatiche raccolte dal cronista in quanto soltanto un vero e proprio miracolo (lo devo a miao padre se sono ancora in vita disse Mario) ha fatto sì che Vielmo ritornasse ancora una volta nella sua Lonigo. E dopo un anno troviamo l’alpinista leoniceno che racconta ai suoi numerosi fans l’ultima impresa, il decimo ottomila metri, il terrificante Annapurna.« Ho sferrato l’assalto alla cima proprio domenica 1 maggio. Io stavo bene e mi ero acclimatato nel migliore dei modi.L’Annapurna è una montagna non facile da affrontare, ma mi sentivo pronto. Mi spiace molto che con me non ci fosse Sebastiano Valentini, mio compagno di cordata che ha dovuto rinunciare per un principio di congelamento, ma non ha avuto scelta», ha dichiarato Vielmo il giorno dei festeggiamenti per ricordare il decimo ottomila metri in piazza Garibaldi a Lonigo, sotto il monumento ai Caduti, alla presenza del sindaco, del presidente del Cai, delle sorelle e della mamma. «Che l’Annapurna fosse un osso duro, lo sapevo. Ma non al punto da dover rinunciare al mio compagno di cordata, il trentino Sebastiano Valentini, di Canazei, costretto ad abbandonare la spedizione e a fare ritorno a Kathmandu per un principio di congelamento che ha interessato sette dita delle mani». È successo mentre gli alpinisti erano a campo 3, a 6500 metri. Sono stati sorpresi da una terribile bufera di neve non preannunciata dai bollettini meteo. «è stato uno dei momenti più difficili di tutta la mia carriera di alpinista – ha raccontato Vielmo, che, nonostante la serata fosse un po’ fresca, portava ai piedi sandali come se fosse in piena estate». «Tanto – è stata la battuta guardandosi le dita dei piedi è come non li avessi…». «Assieme a Sebastiano ha dovuto trascorrere la notte in tenda, in balia della bufera, durante la drammatica discesa al campo base, a 4100 metri. Le ripide pareti dell’Annapurna erano stracariche di neve. Il rischio di finire sotto una slavina era quanto mai elevato. In vita mia, a causa del forte vento che si era innalzato, credo di non aver mai patito tanto freddo: il termometro surava 40 gradi sotto zero ma con il vento gelido la sensazione corporea sicuramente raggiungeva i meno 60 gradi. Un vero inferno. Mi avevano descritto l’Annapurma come una delle cinque vette più difficili al mondo da scalare e quella che miete vittime in continuazione, ma non avrei mai pensato di trovare un vento tanto freddo che mi ha congelato le dita delòle mani e dei piedi: impossibile difendersi dal gelo.


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